

Biografia
Quello che mi piace della fotografia acquatica è che raramente si torna a casa delusi, c'è sempre qualcosa da prendere, basta la luce, il percorso, a volte il semplice momento vissuto tra le onde.
L'oceano è capriccioso e raramente lascia uno specchio d'acqua utilizzabile per più di 2 ore in Charente-Maritime. Così col tempo impariamo a lasciarci sorprendere e a lasciare a casa le nostre aspettative.
In questi momenti conta tutto: il vento, il coefficiente della marea, l'ora, i banchi di sabbia, le onde. La costa è selvaggia, difficile da domare e spietata. Le onde sono crudeli e indifferenti, ma profondamente familiari. Appena li lasciamo, il desiderio di tornarci si intensifica. Il rapporto con l’oceano è sempre più forte. Bisogna andare lì, tornare lì, guardare regolarmente le webcam, abitare il più vicino possibile, andare a vedere l'acqua la mattina prima di tutti e restare la sera dopo tutti gli altri.
Per me non è solo un lavoro, è alzarsi all'alba per andare in mare con niente nello stomaco se non l'eccitazione del momento che verrà, e svegliarmi in acqua per la seconda volta. Nasce per il giorno.
Lasciarsi trasportare, essere parte del movimento dell'acqua, lottare a volte. L'oceano ha questa capacità di dissolvere le nostre emozioni, le onde ci lavano dai nostri mali, rinfrescano ciò che a volte ribolle dentro di noi. Entrare in acqua la mattina arrabbiati ed uscirne rilassati, con immagini bellissime, è la terapia più bella.