Caroline Lazaro

Nata nel 1980 a Charenton le Pont (Val-de-Marne), Caroline Lazaroo si è diplomata all'ESRA (Scuola Superiore di Produzione Audiovisiva) nel 2001 dopo tre anni di formazione.

È durante gli studi che, nel 1999, inizia la sua carriera come cameraman professionista nei reportage per il programma televisivo Rive Droite / Rive Gauche di Thierry Ardisson. Continua questa carriera fino ad oggi, partecipando alla produzione di numerosi documentari, clip e riviste televisive. Appassionata di cinema (Scorsese, Tarantino, ma anche Godard, Truffaut o Sacha Guitry) sviluppa, soprattutto grazie alla comparsa delle fotocamere Digital Reflex, nuove forme di ripresa che utilizzano la fotoottica per giocare sulla sfocatura degli sfondi o delle profondità delle immagini campo e dare un aspetto “cinematografico” ai tuoi report. Questa evoluzione della sua pratica professionale si accompagna ad una volontà sempre più marcata di andare oltre la dimensione "grezza" degli slanci delle sue riprese video per rivolgersi alla fotografia per catturare l'"essenza" dell'immagine in una nuova dimensione "fissa" ma dimensione “elaborata”.

Nel 2017, dopo aver realizzato diverse serie di fotografie che avevano come ambientazione luoghi abbandonati, inizia ad appassionarsi all'URBEX (abbreviazione del termine inglese urban Exploration), una pratica consistente nel visitare luoghi costruiti e poi abbandonati dall'uomo. Per cogliere al meglio la dimensione “fine del mondo” di questi spazi abbandonati dall'uomo, Caroline Lazaroo sceglie di dare alle sue foto un aspetto vicino al disegno per superare l'apparenza di “discarica” che risiede nelle foto crude di questi luoghi trascurati. Il suo lavoro segue sempre lo stesso procedimento: la ripresa avviene con un tempo di esposizione lungo, in pieno giorno, con un ingresso di luce atto a permettere di giocare sui contrasti ombra/luce e a dare rilievo agli elementi che lo compongono. Non vengono aggiunti filtri artificiali. Inizia quindi un lungo processo di ritocco digitale dell'immagine mediante un lavoro meticoloso volto ad accentuare i "difetti" del materiale al fine di estetizzare il lato "distrutto", "apocalittico" del luogo. Il risultato finale è poi affascinante oltre che sorprendente perché, come ama sottolineare, “la foto tanto rielaborata somiglia curiosamente più a quella che ho visto sul posto che allo scatto “grezzo” dello shooting”.