David Renggli

La pratica di David Renggli insinua squilibrio e distilla dubbi sulla permanenza di categorie e stili che solitamente garantiscono la validità dei nostri schemi percettivi. Plasmando negli anni un universo popolato di simulacri, riflessi, doppi, forme illusoriamente vacillanti, memorie fasulle, trompe l'oeil che non ingannano nessuno, omaggi resi e subito ripresi alla storia delle forme e delle idee, quest'arte monopolizza la realtà attraverso il suo rivestimento e poetizza il “falso”.

Falsi dipinti, false sculture, false fotografie, falsi oggetti, false equazioni, eppure il falso raggiunge una forma di verità autonoma, si potrebbe dire di autenticità. Le immagini che emette con apparente disinvoltura sembrano non avere altro intento se non quello di contraddirsi. Dietro l'apparenza a volte accidentale, incompiuta o profondamente assurda di questi assemblaggi, la questione del calcolo, della misurazione o della logica è al centro di questo lavoro: in base a quale principio si regge un'opera, qual è la regola che legittima la sua presenza sulla scena? palcoscenico espositivo?

Questi assemblaggi, insieme plausibili e irreali, all'interno dei quali proliferano oggetti, riferimenti e citazioni, spesso sconcertano l'occhio, tautologizzano il dubbio e accrescono le mistificazioni quotidiane. Le opere di David Renggli possiedono quindi una forma di fragilità intrinseca, non nascondono i propri limiti, esibiscono i propri difetti e le proprie incoerenze. Questa aporia di significato molto spesso sprigiona una carica onirica e malinconica.