Sergio Birga
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Sergio Birga

Italia • 1940

Non dipingere mai per la galleria. Fallo per te stesso, per la tua gioia.

Biografia

Sergio Birga è nato a Firenze nel 1940. Diplomato alla "Scuola d'Arte" di questa città, è venuto a Parigi nel 1965 per seguire i corsi di incisione di Lucien Coutaud alle Beaux-Arts. Entra a far parte del Salon de la Jeune Peinture e vi svolge un ruolo importante tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta.

Fu soprattutto durante tre viaggi in Germania e in contatto con due generazioni di espressionisti tedeschi che affermò uno stile e adottò un lavoro sul colore che avrebbe attraversato tutta la sua opera, tutti i periodi messi insieme. Oskar Kokoschka, Ludwig Meidner, Erich Heckel, Conrad Felixmüller, Otto Dix gli hanno dato consigli e influenza e con gli ultimi due ha scambiato ritratti. Molto impegnato politicamente, prese posizione contro la guerra del Vietnam e più in generale contro ogni “imperialismo”.

Sergio Birga denuncia senza mezzi termini la morale e l'organizzazione strutturale della borghesia, combatte lo status privilegiato dell'arte, degli artisti e degli intellettuali che per lui sono solo i servi servili dell'egemonia della cosiddetta borghesia. Negli anni '70 ha testimoniato la distruzione del cuore delle città da parte del profitto immobiliare, l'annientamento dei quartieri storici e popolari a favore della costruzione di "residenze di lusso" per i dirigenti neopromossi.

A partire dagli anni Ottanta la sua pittura si allontana dall'argomentazione politica e scivola verso un "realismo poetico" che trae i suoi riferimenti dalla pittura classica italiana, dal Rinascimento a De Chirico. Predilige paesaggi urbani, giardini, colonnati in un “realismo magico” molto assertivo.

Oggi, senza abbandonare i temi di una vita, Sergio Birga si rivolge a immagini di ispirazione letteraria o religiosa in cui la linea deve molto alla sua formazione di incisore. La vena espressionista attraversa tutti i periodi artistici di Sergio Birga. Più evidente ovviamente nei commenti aggressivi degli anni '60 e '70, ma comunque sempre presente in seguito.

Innanzitutto nell'uso di colori spesso “grezzi”, “saturi”, che creano un clima di violenza o irrealtà immediatamente avvertito dallo spettatore. Eccelle anche nell'introdurre una minaccia nell'immagine stabilendo un divario tra una scena apparentemente innocua e un dettaglio anomalo o colori insoliti.
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