
GALERIE GUILLAUME
Miklos Bokor, Incertaine certitude
Da 18 ottobre 2018 al 24 novembre 2018
Nato a Budapest nel 1927, Miklos Bokor fu deportato ad Auschwitz e Buchenwald nel 1944. "Ad Auschwitz è successo qualcosa che rimane in agguato nella società come un vuoto, una ferita che non si rimargina", dice Bokor. Ritornato dalla morte, colui che ha vissuto nella sua carne e nel suo spirito l'esperienza della disumanizzazione comincia a dipingere l'indicibile.
“Penso prima e dopo, ma quando dipingo, non penso. Non prendo nessuna decisione, è dopo che mi accorgo: era così. E se facessi altrimenti, se lasciassi decidere alla mia volontà, il risultato sarebbe un fallimento. Devi abdicare a te stesso, abdicare volendo tutto; renditi aperto, disponibile, non essere altro che una cassa di risonanza. »
Bokor dipinge poi tele molto grandi dominate dai colori della terra, da cui sembrano emergere sagome inquietanti, con volti senza sguardo.
Ma in ogni tela, l’estetica del dolore è attraversata dall’energia vitale di queste figure umane che, in un movimento di cammino, lotta, fuga o supplica, non smettono mai di gridare il loro desiderio di esistere.
“I corpi aperti si staccano dal loro destino, dimenticano i loro frammenti di Storia, il loro fluttuare rimane terribile ma il loro ambiente circostante non è altro che malinconia”, descrive Alain Tapié.
Molti poeti e critici hanno scritto sul lavoro di Bokor. Tra questi: Yves Bonnefoy, Georges Duthuit, John E. Jackson, François Chapon, Philippe Dagen, ...
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