

Biografia
Caroline Rivalan ha studiato prima costume di scena a Parigi per poi trasferirsi a Nizza, dove ha conseguito il DNSEP a Villa Arson, dopo aver frequentato anche la Escuela de Las Artes, in Messico.
“Il mio lavoro si basa su costruzioni ibride con il desiderio di trasfigurare la realtà, utilizzando diversi processi come la decontestualizzazione degli oggetti, la sovrapposizione, la trasposizione di più generi (temporali e stilistici).
I miei progetti nello spazio esterno (intorno al paesaggio) o nello spazio interno (spesso segnato da un universo borghese decadente) si concentrano sulla questione della percezione e della confusione dei generi.
Attraverso diversi mezzi e le loro modalità di rappresentazione, il mio lavoro spinge domande sulla questione dei valori,
precario, il tempo che passa…”
I materiali sono presi in prestito dall'edificio o dagli interni borghesi. Le rovine, le macerie, i residui, i frammenti vengono riportati alla luce in un universo che si libera dalla realtà, che ribalta valori e trasforma le vestigia di un'epoca passata per dimostrare che nulla è fisso.
Lo spazio interno si sviluppa in una pratica laboratoriale, con l’idea di ricostruire un paesaggio mentale lasciando spazio all’intimo, con una produzione di oggetti e immagini, una sorta di “Stanza propria” (Virginia Woolf).
Le carte da parati sono deviate, ricoperte di residui, vernici, catrame, su cui sono stuccati motivi floreali provenienti da tessuti di tappezzeria, volutamente kitsch per evidenziare lo spirito di una certa classe benestante del passato.
Per quanto riguarda lo spazio esterno, viene affrontato sotto forma di un progetto iscritto nello spazio pubblico, completamente costruito e progettato in linea con il paesaggio (urbano o naturale) e con la sua interazione con lo spettatore. L'interno e l'esterno si completano a vicenda e si uniscono allo stesso
riguarda in particolare il paesaggio (intimo o pubblico) e la libertà di percezione e interpretazione. Il lavoro “piccolo manuale” e il “fai da te” si uniscono per dare vita a una furiosa pratica di laboratorio. Per DIY intende la definizione di Lévi-Strauss nella sua introduzione a
“Pensiero selvaggio”: l'uso di un mezzo indiretto, sviluppato in un universo chiuso dove la regola è: “fare con i mezzi a portata di mano”. Da allora l'interesse non è più solo il progetto ma anche la storia che si crea attraverso l'assemblaggio dei pezzi tra loro. C'è un ribaltamento di valori, il residuo, la maceria, il frammento assume tutte le sue lettere di nobiltà. I materiali sono presi in prestito dall'edificio o dallo spazio interno borghese, precari, degradati per evocare una via di mezzo, le vestigia di un'epoca in cui il tempo semplicemente scorre.
Nationalità
Movimenti artistici