Spagna
• 1949
Biografia
Pepe Doñate, nato nel 1949, vive e lavora a Maestrazgo. Pittore, è anche storico dell'arte e, come tale, socio dell'AICA. Attualmente si dedica interamente alla pittura. “Anche se ci credo poco, ho fiducia nell’arte. La sua natura misteriosa ci costringe spesso a ricorrere a questo dilemma: credere o non credere. Penso che nulla sia importante e quindi nemmeno l'arte. Ma fai attenzione perché questo è il miglior giocattolo che abbiamo. Cos'è un artista? Se dovessi rispondere direi: è un giocatore. Al contrario, direi che è un attore o un ingenuo. Tuttavia, non c'è niente di sbagliato nel credere in questo ruolo finché sai che lo stai interpretando. Giocare meglio o peggio è semplice. Dobbiamo entrare nella spirale creativa che durerà finché esisterà la nostra specie, perché questa è la qualità più specifica ed è anche la migliore risposta alla nostra ansia di trascendenza. È il nostro miglior placebo per l'eternità. Nell'attesa che il tempo, che gioca anch'esso, stabilisca impunemente le regole del gioco che solo lui conosce. Mette tutto al posto che vuole, designando chi vincerà o chi perderà; niente di più. Se dipingo per me stesso non devo barare e (…..) di conseguenza dipingo senza artificio. Per due motivi in cui credo: da un lato perché in questo modo provo una grande soddisfazione quando nasce il dipinto, anche se rappresenta l'atteso, come se iniziassi senza sapere cosa avrei fatto, e dall'altro D'altronde è solo dopo il parto che digerisco meglio la vita. Il tempo che dura questa sensazione è il tempo che mi separa dalla prossima sessione con i pennelli. Non ho mai avuto bisogno di mostrare il mio lavoro. Lo faccio, ma la ragione e il buon gusto mi tengono lontano da ogni chimera di notorietà così come il fatto che l'arte si possa vendere e comprare aggiunge un altro enigma a tutto ciò che la circonda, e me lo complica. Infine, se a volte il mio lavoro riesce a insegnare, commuovere o intrattenere qualcuno o se scopre che queste escrescenze delle mie ossessioni o delle mie fantasie lo muovono, sarò soddisfatto. Se non sarà così, come direbbe Pessoa, sarò anche contento. Provocare? Anche se ne siamo capaci, provocare perché? » Culla, autunno 2001
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