Kiko Rodriguez
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Kiko Rodriguez

Spagna • 1956

Biografia

Può essere considerato un pittore autodidatta. Negli anni '75 del secolo scorso, Kiko frequentò il Circolo di Belle Arti di Madrid per prepararsi all'ammissione alla Scuola Superiore di Architettura, disegnava quasi quotidianamente nelle aule con un modello dal vivo che l'istituzione consegnava ai suoi studenti. Queste stanze senza insegnanti offrivano modelli rapidi per appunti e pose lente per altre tecniche che richiedono più tempo. Kiko frequentava sempre le modelle veloci per gli appunti. Kiko torna a scuola e supera la temuta materia insegnata dalla cattedra di Analisi della Forma (disegno) di Salvador Seguí.

Aveva allora circa 20 anni, e dopo nulla...

Dal 2005 all'età di 50 anni ritorna al disegno, vivendo già da tempo sulle rive del Mediterraneo ad Altea, dove apre il suo primo laboratorio.

I suoi primi lavori furono dipinti ad olio di grande formato su lino. Fin dall'inizio ci fu una certa accoglienza, distribuita dal suo amico Eric Lanneau che riuscì a introdurlo sul mercato in modo ragionevole.

Dopo tre anni apre al pubblico il piano terra del suo studio nel pittoresco centro storico di Altea, periodo in cui abbandona l'olio e i grandi formati per lavorare con gli inchiostri su carta.

Nel corso degli anni sono emerse due persone fondamentali per lo sviluppo del suo lavoro. Per prima cosa, nel 2011, arrivò nel suo studio la gallerista María Correa e per circa 3 o 4 anni lo fece partecipare a fiere d'arte contemporanea in Europa e negli Stati Uniti, per questo oggi possiamo dire che il suo lavoro è oggi presente in collezioni private a Londra, Bruxelles, Milano, Porto, Madrid, Barcellona, Nizza, Berlino, New York, Oslo, Edimburgo e altre.

Anni dopo, anche Jean Marc Sanchis della Galleria Estrella venne nel suo laboratorio di Altea e lo portò a Parigi e attualmente gestisce la collezione di Kiko.

Il lavoro di Kiko attualmente è interamente realizzato con inchiostri, acquerelli e acrilici su carta Lokta o simili arrivati dal Bhutan e dal Nepal.

A Kiko piace dire che il suo lavoro è assolutamente popolare.

Il suo lavoro non necessita di supporto dialettico o intellettuale, sebbene provochi assolutamente una narrazione e un dialogo complessi tra lo spettatore e l'opera. Questi volti parlano ma soprattutto guardano e inevitabilmente offuscano la sensibilità di chi li affronta, generando tra loro un vero e proprio rapporto che cambia e si trasforma nel tempo.

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