Questa nuova mostra di Francine Van Hove riunisce un corpus di dipinti recenti ed è accompagnata dalla pubblicazione di una nuova monografia sulla sua produzione degli ultimi quindici anni.
Nata nel 1942 a Parigi dove vive e lavora, Van Hove ha continuato dagli anni '70 a praticare esclusivamente una pittura figurativa e femminile, intima, con un virtuosismo vicino agli antichi maestri.
Van Hove sviluppa le sue composizioni in collaborazione con le sue modelle, sempre giovani donne, partendo da un'idea di soggetto. Sono necessarie lunghe ore di esposizione per perfezionare gli atteggiamenti nel disegno (con gesso nero o pastello) e per l'esecuzione finale ad olio su tela. L'arredamento del suo laboratorio parigino, trasferito nel suo giardino in campagna durante la bella stagione, tollera solo lo stretto necessario: disegni attaccati alle pareti, mobili antichi, cuscini, prelibatezze, servizi da tè o caffè, vecchie edizioni di romanzi o libri d'arte libri… Questi motivi ricorrenti, queste nature morte inserite nel dipinto, costituiscono un genere di personaggi a sé stante; liberati da ogni riferimento invasivo al tempo presente, questi oggetti familiari contribuiscono al disinvolto abbandono di modelli dalla bellezza classica.
Qui i gesti quotidiani – alzarsi, leggere, pettinarsi, pensare, sonnecchiare – vengono impreziositi. Tutto viene solo toccato, con delicatezza, con la punta delle dita o con la punta delle labbra, attraverso gli occhi spesso socchiusi. In questi istanti preziosi, il tempo è silenziosamente sospeso. Queste giovani donne traspongono senza enfasi i nobili atteggiamenti delle Madonne in scene di vita domestica, illuminate da una luce soffusa che induce al sogno ad occhi aperti. Tra mistero e semplicità, perfezione formale e registro aneddotico, la pittura di Van Hove cerca di catturare la quintessenza della femminilità.
Il risultato, classico, si libera da ogni interpretazione narrativa; la sua motivazione è esclusivamente visiva. Van Hove rifiuta di dare un significato alle sue opere, se non l'esigenza imperativa di creare, contro l'ansia, "dipinti come finestre aperte su un mondo immaginario così vicino alla realtà che dobbiamo poterli confondere con essa". È la descrizione di una bolla senza la minima asperità, incapsulata fuori dal tempo, dove i corpi vengono idealizzati: una sorta di paradiso intimo e pazientemente eretto, lontano dall'agitazione, impermeabile a tutte le ingiunzioni del mondo. L’apparenza della felicità – perché la sua opera non è priva di malinconia – deriva dal saper restare a riposo, a casa. In questo senso la sua pittura si afferma come mezzo e fine. Un ideale di saggezza, insomma…
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