Per Sorane Rotellini la carta è la metafora della pelle. Vi iscrive la memoria dell'evoluzione, dei vivi. La natura è il suo crogiolo. Nel suo lavoro l'uomo è vicino agli animali e alle piante. L’ibridazione è ovunque. Affascinato dalla questione dell'identità, della genetica e della scienza, l'artista ripercorre la bellezza e la crudeltà delle origini attraverso un bestiario di chimere, insetti, uccelli e anfibi. Alla ricerca della riparazione, della riconciliazione con l'infanzia, veste l'opera, precedentemente raschiata, con pizzi e ricami. È così che tenta di riparare e denuncia l'estrema fragilità degli esseri viventi maltrattati dagli uomini. La creazione è una ricerca; ricerca il senso della vita per temperare l'irrevocabile solitudine dell'esistere e dello stare al mondo.
Una parte del corpo, il seno, ha assunto una sua autonomia, un suo volo. Questo nuovo ibrido metamorfosa costantemente, acquisendo ali, becchi, zampe o artigli affilati a seconda della situazione. Questo movimento portò alla produzione di dipinti, spesso in serie. Questa successione ci permette di comprendere il cambiamento, la ricchezza dell'essere uno e il suo molteplice. Dapprima la linea appare fragile e tremante come un filo sconnesso che ritorna alla sua linea naturale. Per quanto lasco possa essere, il disegno delimita, circonda, fissa, delimita gli spazi. L'introduzione della couture, come un'architettura viscerale, amplifica lo spazio di questa intimità. L'uso del filo si divide in nodi, peli, cucito, ricamo, "zampe di ragno" (fili ricoperti di vernice, che danno un aspetto irregolare), filo a piombo (fisso in alto, libero in basso).
Il processo continua con un'attenta poetica di copertura e vestizione (pittura ad olio, pigmenti, patina). “L'uccello al seno” è all'apice della sua seduzione, lo sfarzo è spinto all'estremo (carta ritagliata, pizzi, tessuti, fili, colori piatti con influenze tessili). Ma nel terzo atto è il gioco del “fare e disfare” a scuotere l'immagine di questo bellissimo uccello, con la carta vetrata e il taglierino che sostituiscono la carezza del pennello. Questi strumenti incisivi (taglierino, spilli, aghi, forbici) penetrano fuori e dentro lo spazio fittizio (di questa pelle che costituisce il disegno, di quest'altro corpo qui torturato in senso letterale). È proprio questo desiderio di andare oltre la mera apparenza che porta a scheggiare la carta. Legare, legare, torcere, forare, forare, ricamare, graffiare: è premere la tela affinché scorra un succo, un succo dalle verità variegate, come l'esistenza.
Il colore vuole essere un continuum del supporto (tela o carta): pelle contro pelle. Il colore non copre, abbronza, ritmando la temporalità dello spazio. Gli strati si susseguono e formano uno spessore che appare profondo. Il colore colpisce forte, attira la nostra attenzione e ci tiene sotto la sua scintillante influenza per portarci al cuore del corpo, al cuore pulsante. I gesti diventano carnali, il corpo a corpo tra la pittura e lo strumento “percussione”, è una ricerca di fusione sia fisica che emotiva. È un'esplorazione delle linee che tenta di trovare il luogo del desiderio, poi si instaura un flusso circolatorio che, fedele al filo di Arianna, ci porta nei labirinti dello spazio della matrice.
Questo linguaggio plastico, attraverso gesti ripetitivi, permette di instaurare un rapporto che dura nel tempo. Si intreccia una rete emotiva con l'emergere di tutti i paradossi che nascono dal legame fusionale che il seno dovrebbe incarnare. Le donne hanno una struttura psichica fatta di contrasti. In esso rimane l'idea di
corpo in perpetuo cambiamento, ripara e dona la vita. La donna pensa (veste) il proprio corpo come uno spazio nodale tra il suo organismo intimo (l'interno) e le aspettative che abbiamo di esso (l'esterno). Così il corpo dell'artista, ricettacolo delle sue emozioni, tende paradossalmente, attraverso le sue tele, attraverso queste scarificazioni, queste cancellature, queste cuciture verso l'immaterialità, verso uno stato di grazia impenetrabile. Il rocchetto di filo si svolge lentamente, il legame si stabilisce poi la pressione si accumula fino allo scoppio della bellezza, evocando la pelle che respira il mondo.
Il lavoro sul tema “Il seno dell'uccello” si estende ad un supporto riciclato, il cartone delle uova. La scatola delle uova racchiude al suo interno la nozione di fragilità. E il materiale riciclato, il cartone, si rivela un supporto delicatissimo con cui lavorare. Tutti gli ingredienti del processo, raschiatura, fori, cucitura vengono poi rivisitati con un'energia intrisa di sobrietà. L'impossibilità del pentimento e il risparmio di energie ci costringono a pensare al gesto come
originale, diretto e schietto. Il pizzo e il fregio all'uncinetto contrastano con l'aspetto grezzo della materia, creando ancora una volta un universo di matrice.
“Vivere è lavorare all'uncinetto con le intenzioni degli altri. Tuttavia, in questo periodo, i nostri pensieri restano liberi, e tutti gli affascinanti principi possono passeggiare nei loro parchi incantati, tra due passaggi dell'ago d'avorio dalla punta ricurva. Agganciare le cose… Intervalli… Niente…”. Fernando Pessoa
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