Ispirata da filosofi come Gebser, Nietzsche, Hesse o Jung, in "Suoni del nostro soffocamento", Anna Bresolí riflette sulla fragilità, sottomissione e decadenza dell'essere umano e sulla sua disconnessione dalla natura in un'epoca postindustriale. Corpi nudi, vulnerabili, paralizzati nel mezzo di un cosiddetto progresso che implica sia avanzamento che distanza.
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