Da Niamey a Parigi passando per Islamabad, Damasco o Tangeri, Tanit è cresciuta influenzata da innumerevoli suoni, luci e colori. Combinando metallo, cemento, legno, acrilico, resina, la sua tecnica mista è il frutto di questo mix tra culture diverse. In questo senso, la sua ricerca artistica mira a restituire questo sentimento di appartenenza a un tutto, e tuttavia di essere irrimediabilmente unici, queste domande immutabili e infinite sul nostro posto nel mondo, nell'universo. Il lavoro della materia si compie cercando di imprimere movimento, luce, vita, accartocciando il metallo, sublimando il cemento, liberandosi dalla gravità, permettendo un gioco di trasparenze dove anche l'aria diventa materia a sé stante. Così, come per gli haiku, si tratta di cercare la “giusta” espressione di un sentimento, di un suono, di un odore, di un respiro, di rendere percepibile l'immateriale, di congelare l'effimero. Attraverso opere, a volte figurative, a volte astratte, viene poi rivolto a tutti l'invito a mettersi in discussione, a meravigliarsi, a abbandonarsi a emozioni poetiche.
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