Alberto Bali
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Alberto Bali

Argentina • 1944

Biografia

Stabilindosi presso Jean de La Varende a Chamblac (Eure), la Prince & Princess Art Gallery pensò che i due uomini sarebbero potuti andare perfettamente d'accordo se fossero vissuti nello stesso periodo; infatti entrambi sono artisti completi, il primo ha trovato nella scrittura la sua maggiore espressione, il secondo la trova oggi piuttosto nella scultura, ma entrambi sono pittori e Alberto Bali lo dimostra mirabilmente oggi con la sua serie Apophtegmes. Alberto Bali è nato nel 1944, a Rosario, la seconda città più grande dell'Argentina. Suo padre, di origine indiana, allora studente alla London School of Economics, fu convinto da un amico di polo, originario dell'Argentina, a stabilirsi in Argentina dove conobbe la sua futura moglie, di origini italiane, per metà argentine. Laureato al rinomato Colegio Nacional de Buenos Aires, Alberto Bali inizia a studiare architettura all'Università di Buenos Aires, seguendo lezioni di pittura dal maestro poco conosciuto Demetrio Urruchua. Nel 1971, l'Argentina piomba nel caos e il giovane “rosarino” lascia il suo paese per l'Inghilterra dove rimane per 6 anni, ma è in Francia che si stabilisce definitivamente nel 1976. Al suo arrivo in Europa, Alberto Bali sceglie di abbandonare la retta via. linea, righello e compasso degli architetti, per avventurarsi nei sentieri, più ricchi di sorprese, dell'espressione artistica. Tra i viali esplorati ci saranno la pittura, la scultura, il design, la grafica, l'architettura d'interni, la pubblicità. Grafico, Alberto Bali ama realizzare soprattutto manifesti, ma anche libri, scatole, una serie di stampe, serigrafie, che gli permettono di entrare più profondamente in un luogo, un monumento, un quartiere, una città: la Villette, il L'Opéra Bastille, Saint-Nazaire, la Pampa, le ville “art déco” di Hossegor. Anche uno scultore, che gioca con le forme ideali di un architetto perduto che deve aver conservato nella sua mente, dai minuscoli modelli in terracotta dove le ombre continuano il lavoro dell'artista, alle grandi installazioni architettoniche, come la torre d'acciaio di 8 metri installata nel cortile di una scuola del 20° arrondissement. Interior designer, lavorando sull'immagine e sulla comunicazione di un prodotto, Alberto Bali talvolta ritorna anche ai suoi primi amori realizzando le architetture effimere di uno stand in una grande fiera e i nuovi prodotti della linea fonderia cucine Staub, progettando le grafica di un libro di cucina, immaginando lo spazio di un ristorante, i suoi arredi e le sue stoviglie, la linea grafica e la comunicazione visiva di grandi chef, come da Joël Robuchon ma, soprattutto, da l'amico Alain Dutournier, che gli affidò il restyling del suo amato Carré des Feuillants. Pittore, infine, è naturalmente e soprattutto, e, dalla sua prima mostra personale a Parigi, nel 1980, seguirà, quasi ogni anno, a Parigi, ma anche a Madrid, Ginevra, Buenos Aires, Monaco, Barcellona, Rosario, mostre spesso incentrate sul paesaggio, reale o sognato, di distese industriali da cui è stata abolita ogni presenza umana, di una serie di volti dei ladri di Buenos Aires. Oggi, a più di 70 anni, si dedica all'introspezione in questa serie di grandi dipinti, Apophtegmes, in cui raffigura se stesso con il suo doppio in situazioni da incubo. C'è poco o nessun arredamento. Muri spogli, mobili semplici che sono lì per farti dimenticare. I colori sono pallidi, slavati; nessuna ombra come durante un'eclissi solare. Alberto Bali la chiama luce mentale I personaggi, il pittore e la sua controfigura, sono vestiti in modo classico, secondo la moda della metà del XX secolo. Di rigore l'abito doppiopetto, spesso impreziosito dal gilet. La maglietta è bianca e fresca. Pensiamo che Alberto Bali provi un vero piacere nel dipingere le pieghe e le pieghe che giocano con la luce. Le scarpe sono lucidate in modo impeccabile. Se l’artista a volte è un po’ disimpegnato, non è mai un senzatetto. In ognuna di queste scene il movimento è sospeso: un fermo immagine che accresce ulteriormente il dramma che si svolge davanti ai nostri occhi. Sconfitto, fucilato (senza bisogno di rappresentare l'arma), rimproverato, aggredito, interrogato, l'artista finisce nudo, morto su un tavolo d'ospedale, forse vittima di un incidente operativo. Non lo sapremo: i titoli di ciascuna delle sue opere sono laconici e non privi di ironia. Ci dà però un indizio: non sarebbe lì anche il sosia a far rivivere i momenti terrificanti che spinsero Alberto Bali a emigrare? I rimproveri, le minacce rivoltegli dall'“altro” vestito con l'armatura sartoriale dei potenti, riemergono da un passato oscuro. Sebbene lo scenario sia sbiadito, la violenza non ha perso nulla della sua intensità. La sua rappresentazione da dietro, in camicetta, a completare un autoritratto di grandi dimensioni, nelle vesti di un artista ufficiale, pretenzioso e condiscendente, ovviamente solletica il suo ego. Si tratta di un dubbio sulla sua carriera lontana dagli onori o di un esorcismo finale per evacuare lo spettro del successo borghese? L'ultimo dipinto è implacabile, all'estremità di un tavolo è seduto Alberto, all'altra estremità la moglie Martine, rappresentata come una Sfinge. Potrebbe benissimo chiedergli l'indovinello di un uomo chiamato Alberto. È questa magnifica serie, Apophtegmes, che la Prince & Princess Art Gallery ha voluto esporre nell'Orangerie del Castello di Bonneville a Chamblac (Eure).
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