

Biografia
Come molti pittori famosi oggi che trovano grazia e bellezza ai bordi
dai piccoli porti di Honfleur o Trouville, anche Dominique Foyer scopre "cose sempre
più bella" come confidava Monet a un amico.
Con i suoi occhi di pittore esplora, cerca, intuisce; molto rapidamente poi il suo pennello trova e trattiene
dell'acqua, ne coglie i tremori, i suoi brividi, le sue ombre che tremano e rivelano lunghi steli che
appoggiarsi elegante e fragile su queste superfici liquide, accartocciate dal vento come uno specchio.
Instancabile, il pittore sprofonda nella palude, tutto vibra, la luce, i brevi sprazzi di tempesta, le sfumature, i tratteggi neri mordono i grigi quasi sbiaditi, lavati, che invadono lo sguardo, la carica delle nuvole è minacciosa e oscura, ammassata come un esercito.
All'improvviso, cielo e terra sono invertiti, la natura è in overdrive, inchiostro e acqua si scontrano
mondo duro e possiamo quasi sentire il sibilo del fango brulicante di una vita sconosciuta. Tutto è turbato, il lavoro faticoso e incessante dell'acqua contro la terra, scavando il suolo, ci getta in una sorta di crollo azzurro fragoroso, notturno, alla deriva. In un angolo, un silenzio, il rischio di un bianco di indeciso, riflessivo pallore, presto conquistato da questo grigio un po' sognato dell'inchiostro e dell'acqua che sono un'anima unica, un legame con l'impalpabile, l'indescrivibile.
Da questa immersione ritorniamo con il rammarico di non aver visto tutto, perché il pittore è singolare e la sua condivisione è discreta. “Il mondo è troppo bello”, brontolava Renoir. Per Dominique Foyer il bianco della carta, la terra e il cielo, l'inchiostro e l'acqua sono il mondo reale, una parola che gli è cara.
Estratto da un testo di Marie-Claude Sandrin